Ho parlato di te ad uno che ti somiglia. Ho parlato di quanta paura ho avuto negli ultimi giorni che mi sei stato accanto. Una paura mai provata, nemmeno nei peggiori incubi sognati da bambina. Gli ho parlato della pietà che cercavo. Gli ho parlato dei progetti che facevo di noi in preda ad un attacco di speranza e dei progetti che non facevo nemmeno per me stessa in preda allo sconforto. Gli ho parlato del dolore allo stomaco che sentivo quando non riuscivo più nemmeno a respirare. Poi gli ho parlato delle mie mani che sono state coi pugni chiusi per giorni e notti. Delle canzoni che ti facevo ascoltare e di quelle che ti cantavo. Gli ho parlato del respiro spezzato e del cuore fermo quando come un fantasma la tua ombra è scappata da me. Gli ho parlato di abbracci, di mani che tremavano, di labbra che pregavano, di cuori che morivano... mentre ero lì fuori. Gli ho parlato di un silenzio improvviso letto su un volto sconosciuto, di bocche che non osavano dire, di occhi che credevano di aver visto qualcosa di sbagliato o che speravano che tanto dolore fosse destinato ad altri occhi. Gli ho parlato di me da sola chiusa nella mia stanza ad indossare la tua maglia. Di un freddo nel cuore che non riesce più a riscaldarsi. Gli ho parlato della tua presenza costante, anche oggi. Non mi lasciare ancora una volta. Non perderti tra i ricordi. Continua a torturarmi, non andare...
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